Davanti a Gaza: che cosa ci rende umani
Davanti a Gaza: che cosa ci rende umani. Ci sono momenti in cui una comunità si guarda allo specchio e capisce che parole come “pace”, “diritti”, “protezione dei civili” non sono slogan, ma strade da percorrere davvero. Per me — per noi — questo momento è adesso, con lo sguardo puntato su Gaza. Scrivo queste righe per invitare tutte e tutti a giovedì 9 ottobre, ore 20:30, al Teatro di Sasso Marconi, dove porteremo in scena una serata sulla pace: non per consolarci, ma per assumerci una responsabilità.
Da mesi vediamo — nelle cronache, nei racconti di medici, giornalisti e operatori umanitari — storie che nessun bambino dovrebbe vivere: fame, assedi, ospedali colpiti, ambulanze bloccate, scuole in macerie, intere famiglie senza più una casa. Chi presta soccorso parla di turni infiniti, triage impossibili, corridoi che si aprono e si chiudono, sirene che non tacciono mai. E soprattutto parla di bambini, i più indifesi.
Ci sono video in cui i piccoli chiedono ai fratelli di cantare una canzone precisa al loro funerale: un’innocenza che impara parole da adulti, troppo in fretta. E poi i segni muti della mancanza d’affetto: bambini che si toccano ripetutamente le orecchie per calmarsi, che restano incantati quando un volontario sfiora loro la mano — quella carezza che non sentono da settimane, da mesi. Nei loro occhi c’è spesso la distruzione che hanno visto, i lutti che hanno attraversato. Non cito queste immagini per indugiare nel dolore, ma perché diano la misura concreta di ciò che sta accadendo.
C’è chi ripete che “la guerra è guerra”. Ma una guerra che colpisce in modo massiccio i civili, che rende i bambini il volto più frequente delle vittime, non è più “guerra” come la immaginiamo nei manuali: è la sconfitta del diritto umanitario, quello che — almeno sulla carta — dovrebbe valere sempre e per tutti. Non ignoro la presenza di gruppi armati e del terrorismo che si nasconde tra i civili: è un male reale e gravissimo. Ma la risposta non può essere l’annullamento della distinzione tra combattenti e popolazione. Se confondiamo tutto, se i luoghi di cura e chi soccorre diventano bersaglio, la regola non è più il diritto: è la paura.
Qualcuno dirà che le parole sono inutili. Io credo che le parole giuste siano invece il primo atto di cura. Di fronte a ciò che vediamo, è difficile non parlare di crimini gravissimi contro la popolazione civile; molti lo chiamano genocidio o pulizia etnica. Sono parole enormi: le adopero guardando alla sostanza — l’ampiezza del danno umano, la sistematicità delle sofferenze inflitte, il colpire infrastrutture vitali come ospedali e reti di assistenza — e non per sventolare una bandiera contro un intero popolo. La mia critica riguarda scelte politiche e militari, non identità collettive. La dignità non ha nazionalità: è il nostro metro comune.
C’è poi una memoria che ci riguarda da vicino. A scuola abbiamo imparato il “mai più” del Novecento. Ma “mai più” non è un ricordo: è un dovere presente.
Non significa fare paragoni semplicistici; significa riconoscere un meccanismo: l’abitudine al peggio, la rinuncia quotidiana allo sdegno, l’alibi del “non sapevamo”. Oggi sappiamo. E, sapendo, abbiamo il dovere di pretendere: cessate il fuoco, protezione dei civili, accesso umanitario sicuro, tutela di medici, volontari e giornalisti, liberazione degli ostaggi e di chi è detenuto arbitrariamente. Non sono slogan contro qualcuno: sono richieste dalla parte della vita.
Queste domande, come Pubblica Assistenza di Sasso Marconi, non le facciamo da spettatori. La nostra storia parla di solidarietà concreta. Negli anni Novanta abbiamo visto partire volontari verso i Balcani, convogli umanitari attraversare strade pericolose, Kosovo ’99 diventare impegno reale, con persone in carne e ossa che hanno scelto di esserci: non per fare politica estera, ma per portare soccorso, cure, dignità. E più vicino a noi nel tempo, tra il 2022 e il 2023, abbiamo compiuto tre missioni ai confini dell’Ucraina. Siamo stati tra le prime Pubbliche Assistenze ad arrivare in quell’area per recuperare profughi in fuga dalla guerra, riportarli in sicurezza e garantire assistenza lungo il viaggio. Poi abbiamo continuato con costanza: una cucina da campo per offrire pasti caldi a chi non aveva più nulla, aiuti umanitari e materiali di prima necessità consegnati dove servivano, in coordinamento con le realtà locali. Non sono state solo spedizioni: sono state relazioni, legami stretti in luoghi feriti, per dire che anche nel buio qualcuno arriva, ascolta, si ferma, aiuta.
È la stessa bussola che ci guida qui, ogni giorno: quando rispondiamo a una chiamata, quando formiamo nuovi volontari, quando allestiamo una palestra in emergenza o stiamo accanto a chi ha perso tutto.
Per questo il dolore che proviamo nel vedere ambulanze colpite, ospedali evacuati, soccorritori feriti o uccisi non è un dolore “a distanza”: è un colpo al cuore della nostra identità. Se chi salva diventa un bersaglio, se la neutralità dell’assistenza crolla, allora crolla un pilastro della civiltà. Non possiamo accettarlo in silenzio.
Che cosa possiamo fare, noi, qui? Anzitutto non voltarci. Informarci con senso critico, rifiutare la propaganda, tenere fermo il linguaggio del diritto e dell’umanità. Sostenere — con donazioni e pressione pubblica — chi opera in prima linea. Educare i nostri figli, le nostre scuole, le nostre associazioni a riconoscere nell’altro un volto, non un “nemico”. E poi — ciò che forse conta di più — ritrovarci come comunità per dare alle nostre parole una forza pubblica.
Per questo vi invito a giovedì 9 ottobre 2025, ore 20:30, Teatro di Sasso Marconi UN SOLO SOGNO… LA PACE! Sarà una serata di teatro civile, musiche, testimonianze. Non per schierarci contro un popolo, ma per ribadire, insieme, punti semplici e radicali: i bambini non si toccano; chi cura non si minaccia; i civili non sono bersagli; la pace non nasce da sola, va costruita con scelte coraggiose e con regole che valgono per tutti.
Noi siamo la Pubblica Assistenza di Sasso Marconi: la nostra vocazione è andare verso il bisogno, non girarci dall’altra parte. Portiamo questa vocazione anche fuori dall’ambulanza, in un teatro pieno di persone che vogliono dire “basta” al linguaggio della violenza e “sì” alla protezione dei più fragili. Non cambieremo il mondo in una sera. Ma possiamo cambiare la misura con cui ci stiamo nel mondo. E, a volte, da lì comincia tutto il resto.
Non si tratta di schierarsi “contro un popolo”, ma di affermare un principio universale: i civili non sono bersagli, i bambini non si toccano, chi cura non si minaccia. Partecipare significa esserci, esporsi, dire “basta” alla violenza.
Pubblica Assistenza di Sasso Marconi
📍 Cinema Teatro di Sasso Marconi – Piazza dei Martiri della Liberazione.
⏰ Apertura porte: ore 20:00 | Inizio evento: ore 21:00.
🎟 Ingresso gratuito – offerta consapevole
Evento organizzato da: Organizzato da: Lo Scoiattolo soc. coop, Libertà era Restare, Ass. Radio Transatlantico ODV,Pantagorá, Pubblica Assitenza di Sasso Marconi Con il patrocinio del Comune di Sasso Marconi
🅿️ parcheggio in loco
♿️ parcheggio/accesso/servizi facilitati
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